Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. IV, 1914 – BEIC 1885923.djvu/297


atto primo 291


Aminta.   Assai benigna

sembra a me la mia stella:
non bramo della mia sorte piú bella.
Alessandro. Ma in sí scarsa fortuna...
Aminta.   Assai piú scarse
son le mie voglie.
Alessandro.   Aspro sudor t’appresta
cibo volgar.
Aminta.   Ma lo condisce.
Alessandro.   Ignori
le grandezze, gli onori.
Aminta. E rivali non temo,
e rimorsi non ho.
Alessandro.   T’offre un ovile
sonni incomodi e duri.
Aminta. Ma tranquilli e sicuri.
Alessandro.   E chi fra queste,
che ti fremono intorno, armate squadre,
chi assicurar ti può?
Aminta.   Questa, che tanto
io lodo, tu disprezzi, e il ciel protegge,
povera, oscura sorte.
Agenore. (piano ad Alessandro) Hai dubbi ancora?
Alessandro. (Quel parlar mi sorprende e m’innamora.)
Aminta. Se altro non brami, addio.
Alessandro.   Senti. I tuoi passi
ad Alessandro io guiderò, se vuoi.
Aminta. No.
Alessandro.   Perché?
Aminta.   Sedurrebbe
ei me dalle mie cure: io qualche istante
al mondo usurperei del suo felice
benefico valor. Ciascun se stesso
deve al suo stato. Altro il dover d’Aminta,
altro è quel d’Alessandro. È troppo angusta
per lui tutta la terra: una capanna