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290 xxi - il re pastore


SCENA II

Aminta, poi Alessandro ed Agenore con picciol séguito.

Aminta. Perdono, amici dèi: fui troppo ingiusto,

lagnandomi di voi. Non splende in cielo
dell’astro, che mi guida, astro piú bello.
Se la terra ha un felice, Aminta è quello.
Agenore. (Ecco il pastor.) (piano ad Alessandro)
Aminta.   Ma fra’ contenti obblio
la mia povera greggia. (da sé, in atto di partire)
Alessandro. (ad Aminta)  Amico, ascolta.
Aminta. (Un guerrier!) Che domandi?
Alessandro. Sol con te ragionar.
Aminta.   Signor, perdona,
qualunque sei: d’abbeverar la greggia
l’ora giá passa.
Alessandro.   Andrai, ma un breve istante
donami sol. (Che signoril sembiante!)
  (piano ad Agenore)
Aminta. (Da me che mai vorrá?)
Alessandro.   Come t’appelli?
Aminta. Aminta.
Alessandro.   E il padre?
Aminta.   Alceo.
Alessandro.   Vive?
Aminta.   No; scorse
un lustro giá ch’io lo perdei.
Alessandro.   Che avesti
dal paterno retaggio?
Aminta.   Un orto angusto,
ond’io traggo alimento,
poche agnelle, un tugurio e il cor contento.
Alessandro. Vivi in povera sorte.