per me gli agi paterni: offrirti in vece
io non potrò, nella mia sorte umíle,
che una povera greggia, un rozzo ovile.
Elisa. Non lagnarti del ciel: prodigo assai
ti fu de’ doni suoi. Se l’ostro e l’oro
a te negò, quel favellar, quel volto,
quel cor ti die’. Non le ricchezze o gli avi:
cerco Aminta in Aminta, ed amo in lui
fin la sua povertá. Dal dí primiero
che ancor bambina io lo mirai, mi parve
amabile, gentile
quel pastor, quella greggia e quell’ovile;
e mi restò nel core
quell’ovil, quella greggia e quel pastore.
Aminta. Oh mia sola, oh mia vera
felicitá! quei cari detti...
Elisa. Addio.
Corro alla madre e vengo a te. Fra poco
io non dovrò mai piú lasciarti: insieme
sempre il sol noi vedrá, parta o ritorni.
Oh dolce vita! oh fortunati giorni!
Alla selva, al prato, al fonte
io n’andrò col gregge amato;
e alla selva, al fonte, al prato
l’idol mio con me verrá.
In quel rozzo angusto tetto,
che ricetto — a noi dará,
con la gioia e col diletto
l’innocenza albergherá. (parte)