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280 | xx - ipermestra |
fuggi, o perduto sei.
Linceo. Sálvati, amico; io vuo’ morir con lei.
(getta la spada)
SCENA ULTIMA
Adrasto con numeroso sèguito,
Elpinice e detti.
dell’albergo real tutte le parti.
Plistene. Danao, non ingannarti
nell’inchiesta del reo: da me sedotto
fu il prence a prender l’armi; ei non volea.
Elpinice. Io, che svelai l’arcano, io son la rea.
Ipermestra. Padre, udisti finora
una figlia pietosa:
or che, lode agli dèi,
in sicuro giá sei, senti una sposa.
Sposa! ma non temer di questo nome,
signor, ch’io faccia abuso:
non difendo Linceo; me stessa accuso.
Io seppi, e non mi pento,
a te sagrificarlo: al sagrifizio
sopravviver non so. Se i merti suoi,
se l’antica sua fé, se un cieco amore,
se la clemenza tua,
se le lagrime mie da te non sanno
ottenergli perdon, mora; ma seco
mora Ipermestra ancor. Debole, io merto
questo castigo; e, sventurata, io chiedo
questa pietá. Troppo crudel tormento
la vita or mi saría; finisca ormai.
A salvarti bastò: fu lunga assai.