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atto secondo 265


          Alla mia prima face

     cosí fedel son io,
     che di morir desio,
     quando s’estinguerá. (parte)

SCENA VIII

Innanzi, amenissimo sito ne’ giardini reali, adombrato da ordinate altissime piante, che lo circondano: indietro, lunghi e spaziosi viali, formati da spalliere di fiori e di verdure; de’ quali altri son terminati dal prospetto di deliziosi edifizi, altri dalla vista di copiosissime acque in varie guise artificiosamente cadenti.

Danao, Adrasto e guardie.

Danao. Tanto ardisce Linceo!

Adrasto.   Non v’è chi possa
ormai piú trattenerlo. Ei nulla ascolta,
veder vuole Ipermestra; e, se la vede,
tutto saprá.
Danao.   Vanne, ed un colpo alfine
termini... Ah! no: troppo avventuro. Un’altra
via mi parrebbe... ed è miglior. S’affretti
la figlia a me. (alle guardie)
  Tu corri, Adrasto, e cerca
il prence trattener, finché Ipermestra
io possa prevenir: venga egli poi,
la vegga pur.
Adrasto.   Ma se la figlia amante...
Danao. Vanne; non parlerá. Compisci solo
tu quanto imposi.
Adrasto.   Ad ubbidirti io volo. (parte)