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atto secondo 263


a trafiggergli il petto,

se non potessi altrove,
sul tripode d’Apollo in grembo a Giove.
Plistene. (Son fuor di me.)

SCENA V

Elpinice e detti.

Elpinice.   Cosí turbato in volto

perché trovo Linceo? Con chi ti sdegni?
Linceo. Dimandane a Plistene: ei potrá dirlo
meglio di me. Seco ti lascio. (in atto di partire)
Plistene. (trattenendolo)  Ascolta.
Linceo. Abbastanza ascoltai. (in atto di partire)
Plistene.   Linceo, perdona:
trattenerti degg’io.
Linceo.   Ma sai che troppo
ormai, prence, m’insulti e mi deridi;
sai che troppo ti fidi
dell’antica amistá? Tutti i doveri
io ne so, li rispetto, e tu ben vedi
se gran prove io ne do. Ma... poi...
Plistene.   Se m’odi,
un consiglio fedel...
Linceo.   Miglior consiglio
io ti darò. Le tue speranze audaci
lusinga men; non irritarmi, e taci.
          Gonfio tu vedi il fiume;
     non gli scherzar d’intorno:
     forse potrebbe un giorno
     fuor de’ ripari uscir.
          Tu, minaccioso, altiero
     mai nol vedesti, è vero;
     ma può cangiar costume
     e farti impallidir. (parte)