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atto secondo 259


vince ogni tua ragion. Veggo in Linceo

il carnefice mio. S’egli non muore,
pace io non ho.
Ipermestra.   Vano timor.
Danao.   Da questo
vano timor tu liberar mi dèi.
Ipermestra. Né rifletti...
Danao.   Io rifletto
che ormai troppo resisti e ch’io son stanco
di sí lungo garrir. Compisci l’opra:
io lo chiedo, io lo voglio.
Ipermestra.   Ed io non posso
volerlo, o genitor.
Danao.   Nol puoi? D’un padre
cosí rispetti il cenno?
Ipermestra.   Io ne rispetto
la gloria, la virtú.
Danao.   Temi sí poco
lo sdegno del tuo re?
Ipermestra.   Piú del suo sdegno
un fallo suo mi fa tremar.
Danao.   Tue cure
esser queste non dénno.
Ubbidisci.
Ipermestra.   Perdona: io sentirei
nell’impiego inumano
mancarmi il core, irrigidir la mano.
Danao. Dunque al maggior bisogno
m’abbandoni in tal guisa?
Ipermestra.   Ogni altra prova...
Danao. No, no, giá n’ebbi assai. Veggo di quanto
son posposto a Linceo. Chi m’ha potuto
disubbidir per lui, per lui tradirmi
ancor potrebbe.
Ipermestra.   Io!
Danao.   Sí: perciò ti vieto