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atto primo 241


il don, ch’oggi mi fai, molto maggiore

rende quel della vita. Oggi conosco
tutto il prezzo di questa: oggi...
Danao.   Da noi
s’allontani ciascun. (al séguito, che si ritira)
Ipermestra.   Perché? M’ascolti
tutto il mondo, signor. Non arrossisco
di que’ dolci trasporti,
che il padre approva; e a cosí pure faci...
Danao. Voglio teco esser solo. Odimi e taci.
Ipermestra. M’è legge il cenno.
Danao.   Assicurar tu déi
il trono, i giorni miei,
la mia tranquillitá. Posso di tanto
fidarmi a te?
Ifermestra.   M’offende il dubbio.
Danao.   Avrai
costanza e fedeltá?
Ipermestra.   Quanta ne deve
ad un padre una figlia.
Danao. (le dá un pugnale)  Or questo acciaro
prendi; cauta il nascondi; e, quando oppresso
giá fra ’l notturno orrore
fia dal sonno Linceo, passagli il core.
Ipermestra. Santi numi! e perché?
Danao.   Minaccia il Fato
il mio scettro, i miei dí per man d’un figlio
dell’empio Egitto. Ancor mi suona in mente
l’oracolo funesto,
che poc’anzi ascoltai: né v’è chi possa,
piú di Linceo, farmi temer.
Ipermestra.   Ma pensa...
Danao. Molto, tutto pensai. Qualunque via
men facile è di questa,
ed ha rischio maggior. L’aman le squadre,
Argo l’adora.