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232 xix - antigono


SCENA ULTIMA

Clearco e poi Demetrio con séguito, e detti.

Clearco. Antigono, che fai? Demetrio è in vita.

Antigono. Come!
Clearco.   Cercando asilo
contro il furor de’ tuoi, dov’è piú nero
e folto il bosco io m’era ascoso. Il prence
v’entrò; ma in quell’orror, di me piú nuovo,
visto non vide; onde serbarlo in vita
la mia potè non preveduta aita.
Antigono. Ma crederti poss’io?
Clearco.   Credi al tuo ciglio.
Ei vien.
Berenice.   Manco di gioia.
Demetrio. (da lontano)  Ah, padre!
Antigono. (incontrandolo)  Ah, figlio!
Demetrio. Io Berenice adoro: (s’inginocchia)
signor, son reo: posso morir, non posso
lasciar d’amarla. Ah! se non è delitto
che il volontario errore,
la mia colpa è la vita e non l’amore.
Antigono. Amala, è tua: picciolo premio a tante
prove di fé.
Demetrio.   Saría supplizio un dono
che costasse al tuo core...
Antigono.   Ah! sorgi; ah! taci,
mia gloria, mio sostegno,
vera felicitá de’ giorni miei!
Una tigre sarei, se non cedesse
nell’ingrato mio petto
all’amor d’un tal figlio ogni altro affetto.