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atto secondo | 209 |
SCENA IV
Demetrio, poi Alessandro.
arde per me. Quanto mi disse o tacque,
tutto è prova d’amor. Ma in quale istante,
numi, io lo so! Qual sacrifizio, o padre,
costi al mio cor! Perdonami, se alcuna
lagrima ad onta mia m’esce dal ciglio:
benché pianga l’amante, è fido il figlio.
Alessandro. Io vidi Berenice
partir da te. Che ne ottenesti?
Demetrio. Ottenni
(oh Dio!) tutto, o signor. Tua sposa (io moro!)
ella sará. Le tue promesse adempí:
io compite ho le mie.
Alessandro. Fra queste braccia,
caro amico e fedel... Ma quale affanno
può turbarti cosí? Piangi, o m’inganno?
Demetrio. Piango, è ver; ma non procede
dall’affanno il pianto ognora:
quando eccede, — ha pur talora
le sue lagrime il piacer.
Bagno, è ver, di pianto il ciglio;
ma permesso è al cor d’un figlio
questo tenero dover. (parte)
SCENA V
Alessandro, poi Ismene.
piú di me possa dirsi. Ecco il piú caro
d’ogni trionfo.