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196 xix - antigono


Alessandro. Qual furor! Si disarmi. (gli vien tolta la spada)

Antigono.   E vuoi la morte
rapirmi ancora?
Alessandro.   Io de’ trasporti tuoi,
Antigono, arrossisco. In faccia all’ire
della nemica sorte,
chi nacque al trono esser dovria piú forte.
Antigono. No, no: qualor si perde
l’unica sua speranza,
è viltá conservarsi, e non costanza.
Alessandro. Consòlati: al destino
l’opporsi è van. Son le vicende umane
da’ fati avvolte in tenebroso velo;
e i lacci d’imeneo formansi in cielo.
Antigono. (Fremo!)
Alessandro.   Andiam, Berenice; e innanzi all’ara
la destra tua, pegno d’amor...
Berenice.   T’inganni,
se lo speri, Alessandro. Io fé promisi
ad Antigono: il sai.
Antigono.   (Respiro!)
Alessandro.   Il sacro
rito non vi legò.
Berenice.   Basta la fede
a legar le mie pari.
Antigono.   (Ah, qual contento
m’inonda il cor!)
Alessandro.   Può facilmente il nodo,
onde avvinta tu sei,
Antigono disciôrre.
Berenice.   Io non vorrei.
Alessandro. No! (resta immobile)
Antigono.   Che avvenne, Alessandro? onde le ciglia
sí stupide e confuse? onde le gote
cosí pallide e smorte?
Chi nacque al trono esser dovria piú forte.