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150 xviii - attilio regolo


Manlio. Oh detti! oh sensi! oh fortunato suolo,

che tai figli produci! E chi potrebbe
non amarti, signor?
Regolo.   Se amar mi vuoi,
amami da romano. Eccoti i patti
della nostra amistá. Facciamo entrambi
un sacrifizio a Roma: io della vita,
tu dell’amico. È ben ragion che costi
della patria il vantaggio
qualche pena anche a te. Va’; ma prometti
che de’ consigli miei tu nel senato
ti farai difensore. A questa legge
sola, di Manlio io l’amicizia accetto.
Che rispondi, signor?
Manlio. (pensa prima di rispondere) Sí, lo prometto.
Regolo. Or de’ propizi numi
in Manlio amico io riconosco un dono.
Manlio. Ah! perché fra que’ ceppi anch’io non sono?
Regolo. Non perdiamo i momenti. Ormai raccolti
forse saranno i padri. Alla tua fede
della patria il decoro,
la mia pace abbandono e l’onor mio.
Manlio. Addio, gloria del Tebro.
Regolo.   Amico, addio. (abbracciandosi)
Manlio.   Oh qual fiamma di gloria, d’onore
     scorrer sento per tutte le vene,
     alma grande, parlando con te!
          No; non vive sí timido core,
     che, in udirti, con quelle catene
     non cambiasse la sorte d’un re. (parte)