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142 | xviii - attilio regolo |
a’ patrii lari, al tuo ricetto antico?
Regolo. Non entra in Roma un messaggier nemico.
Licinio. Questa troppo severa
legge non è per te.
Regolo. Saría tiranna,
se non fosse per tutti.
Attilia. Io voglio almeno
seguirti ovunque andrai.
Regolo. No: chiede il tempo,
Attilia, altro pensier che molli affetti
di figlia e genitor.
Attilia. Da quel che fosti,
padre, ah! perché cosí diverso adesso?
Regolo. La mia sorte è diversa: io son l’istesso.
Non perdo la calma
fra’ ceppi o gli allori:
non va sino all’alma
la mia servitú.
Combatte i rigori
di sorte incostante
in vario sembiante
l’istessa virtú.
(parte, seguito da Publio, Licinio e popolo)
SCENA IX
Attilia sospesa, Amilcare partendo,
Barce che sopraggiunge.
Amilcare. Ah, mia Barce! (ritornando indietro)
ah, di nuovo io ti perdo! Il cambio offerto
Regolo dissuade.