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132 xviii - attilio regolo


          M’affliggono i tuoi pianti;

     ma non è colpa mia
     se quel, che giova a tanti,
     solo è dannoso a te. (parte)

SCENA III

Attilia, poi Barce.

Attilia. Nulla dunque mi resta

da’ consoli a sperar. Questo è nemico;
assente è l’altro. Al popolar soccorso
rivolgersi convien. Padre infelice,
da che incerte vicende
la libertá, la vita tua dipende!
Barce. Attilia! Attilia! (con fretta)
Attilia.   Onde l’affanno?
Barce.   È giunto
l’africano orator.
Attilia.   Tanto trasporto
la novella non merta.
Barce.   Altra ne reco
ben piú grande.
Attilia.   E qual è?
Barce.   Regolo è seco.
Attilia. Il padre!
Barce.   Il padre.
Attilia.   Ah! Barce,
t’ingannasti o m’inganni?
Barce.   Io nol mirai,
ma ognun...
Attilia.   Publio... (vedendolo venire)