Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. IV, 1914 – BEIC 1885923.djvu/131


ARGOMENTO

Fra i nomi piú gloriosi, de’ quali andò superba la romana repubblica, ha, per consenso di tutta l’antichitá, occupato sempre distinto luogo il nome d’Attilio Regolo; poiché non sacrificò solo a pro della patria il sangue, i sudori e le cure sue, ma seppe rivolgere a vantaggio della medesima fin le proprie disavventure.

Carico giá d’anni e di merito, trovossi egli sventuratamente prigioniero in Cartagine, quando quella cittá, atterrita dalla fortuna dell’emula Roma, si vide costretta, per mezzo d’ambasciadori, a proccurar pace da quella o il cambio almeno de’ prigionieri. La libertá, che sarebbe ridondata ad Attilio Regolo dalla esecuzione di tai proposte, fe’ crederlo a’ cartaginesi opportuno stromento per conseguirle: onde insieme con l’ambasciadore africano lo inviarono a Roma, avendolo prima obbligato a giurar solennemente di rendersi alle sue catene, quando nulla ottenesse. All’inaspettato arrivo di Regolo proruppero in tanti trasporti di tenera allegrezza i romani, in quanti di mestizia e di desolazione eran giá cinque anni innanzi trascorsi all’infausto annunzio della sua schiavitú. E per la libertá di sí grande eroe sarebbe certamente paruta loro leggiera qualunque gravissima condizione; ma Regolo, invece di valersi a suo privato vantaggio del credito e dell’amore ch’egli avea fra’ suoi cittadini, l’impiegò tutto a dissuader loro d’accettar le nemiche insidiose proposte. E, lieto d’averli persuasi, fra le lagrime de’ figli, fra le preghiere de’ congiunti, fra le istanze degli amici, del senato e del popolo tutto, che, affollati d’intorno a lui, si affannavano per trattenerlo, tornò religiosamente all’indubitata morte che in Africa l’attendeva, lasciando alla posteritá un cosí portentoso esempio di fedeltá e di costanza (Appiano, Zonara, Cicerone, Orazio ed altri).