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100 | xvii - zenobia |
dar morte o a Tiridate.
Zenobia. Ah!...
Zopiro. Taci. Il primo
giá da’ miei fidi è custodito; e l’altro
da un finto messo, a nome tuo, con questa
gemma per segno, ove l’insidia è tesa,
tratto sará.
Zenobia. Donde in tua man...
Zopiro. Finisci
pria d’ascoltar. Qual di lor voglio, io posso
uccidere o salvar. L’arbitrio mio
dal tuo dipenderá. Tu l’uno amasti,
sei sposa all’altro. In vece mia risolvi:
qual vuoi condanna, e qual ti piace assolvi.
Zenobia. Dunque... Misera me! Qual empio cenno!
Per qual ragion? Chi ti costringe...
Zopiro. È troppo
lungo il racconto e scarso il tempo: assai
ne perdei, te cercando. Apri il tuo core,
e lasciami partir.
Zenobia. Numi! e tu prendi
sí scellerato impiego ed inumano?
Zopiro. Il comando è sovrano, e a me la vita
costería trasgredito.
Zenobia. E qual castigo,
qual premio o quale autoritá può mai
render giusta una colpa?
Zopiro. Addio. Non venni
teco a garrir. Nella proposta scelta
vedesti il mio rispetto. A mio talento
risolverò. (finge voler partire)
Zenobia. Ferma!
Zopiro. Che brami?
Zenobia. Io... Pensa...
(Assistetemi, o dèi!)