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atto terzo 53


     alle tempeste in seno

     voglio seguirlo ancor.
          Come dell’oro il fuoco
     scopre le masse impure,
     scoprono le sventure
     de’ falsi amici il cor. (parte)

SCENA IV

Argene, poi Aminta.

Argene. E pure a mio dispetto

sento pietade anch’io. Tento sdegnarmi,
ne ho ragion, lo vorrei; ma in mezzo all’ira,
mentre il labbro minaccia, il cor sospira.
Sarai debole, Argene,
dunque a tal segno? Ah! no. Spergiuro! ingrato!
non sará ver. Detesto
la mia pietá. Mai piú mirar non voglio
quel volto ingannator. L’odio: mi piace
di vederlo punir. Trafitto a morte
se mi cadesse accanto,
non verserei per lui stilla di pianto.
Aminta. Misero! dove fuggo? Oh dí funesto
oh Licida infelice!
Argene.   È forse estinto
quel traditor?
Aminta.   No, ma il sará fra poco.
Argene. Non lo credere, Aminta. Hanno i malvagi
molti compagni, onde giammai non sono
poveri di soccorso.
Aminta.   Or ti lusinghi:
non v’è piú che sperar. Contro di lui
gridan le leggi, il popolo congiura,