Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
36 | xi - olimpiade |
SCENA VIII
Aristea, Megacle e Licida.
che farò, sventurato!)
Licida. All’idol mio
è tempo ch’io mi scopra. (piano a Megacle)
Megacle. Aspetta. (Oh Dio!)
Aristea. Sposo, alla tua consorte
non celar che t’affligge.
Megacle. (Oh pena! oh morte!)
Licida. L’amor, mio caro amico, (a Megacle come sopra)
non soffre indugio.
Aristea. Il tuo silenzio, o caro,
mi cruccia, mi dispera.
Megacle. (Ardir, mio core!
finiamo di morir.) Per pochi istanti
allontanati, o prence. (a parte a Licida)
Licida. E qual ragione?...
Megacle. Va’! fidati di me. Tutto conviene
ch’io spieghi ad Aristea. (a parte a Licida)
Licida. Ma non poss’io
esser presente?
Megacle. No: piú che non credi
delicato è l’impegno. (come sopra)
Licida. E ben, tu ’l vuoi,
io lo farò. Poco mi scosto: un cenno
basterá perch’io torni. Ah! pensa, amico,
di che parli e per chi. Se nulla mai
feci per te, se mi sei grato e m’ami,
mostralo adesso. Alla tua fida aita
la mia pace io commetto e la mia vita. (parte)