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atto terzo 331


l’armi sediziose. Io vi prometto

placato il vostro re. Foste sedotti,
lo so; vi spiace; a mille segni espressi
giá intendo il vostro cor; giá in ogni destra
veggo l’aste tremar; leggo il sincero
pentimento del fallo in ogni fronte.
Perdonalo, signor. (ad Astiage) Per bocca mia,
piangendo ognun tel chiede: ognun ti giura
eterna fé. Se a cancellar l’orrore
d’attentato sí rio
v’è bisogno di sangue, eccoti il mio.
  (inginocchiandosi)
Astiage. Oh prodigio!
Mandane.   Oh stupore!
Arpago. Oh virtú che disarma il mio furore!
  (Arpago getta la spada, e tutti i congiurati le armi)
Astiage. Figlio, mio caro figlio,
sorgi, vieni al mio sen. Cosí punisci,
generoso! i tuoi torti e l’odio mio?
Ed io, misero! ed io
d’un’anima sí grande
tentai fraudar la terra? Ah! vegga il mondo
il mio rimorso almeno. Eccovi in Ciro,
medi, il re vostro. A lui
cedo il serto real: rendigli, o figlio,
lo splendor ch’io gli tolsi. I miei deliri
non imitar. Quel, che fec’io, t’insegna
quel che far non dovrai. De’ numi amici
al favor corrispondi,
e il mio rossor nelle tue glorie ascondi.
Coro.   Le tue selve in abbandono
     lascia, o Ciro, e vieni al trono;
     vieni al trono, o nostro amor.
          Cambia in soglio il rozzo ovile,
     in real la verga umíle;
     darai legge — ad altro gregge;
     anche re, sarai pastor.