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atto terzo | 319 |
corriam del vicin rio. Ma sola intanto
qui lasciarla cosí... Se alcun vedessi...
Ah! sí. Pastor... senti. (vedendo Ciro)
Ciro. (rivolgendosi) Quai grida?
Cambise. (Oh numi!
non è del figlio mio
l’omicida costui?)
Ciro. (Stelle! non veggo
la madre mia colá?)
Cambise. Chi sei?
Ciro. Che avvenne?
Cambise. Non t’inoltrar: dimmi il tuo nome.
Ciro. Eh! lascia.
Cambise. Di’: non ti chiami Alceo?
Ciro. (Questo importuno
a gran pena sopporto.)
Sí, Alceo mi chiamo.
Cambise. (in atto di ferire) Ah, traditor! sei morto.
Ciro. Come! Non appressarti, o ch’io t’immergo
questo dardo nel cor. (in atto di difesa)
Cambise. Dal furor mio
né tutto il ciel potrá salvarti.
Mandane. (comincia a risentirsi) Oh Dio!
Cambise. Ah! sposa, apri le luci, áprile, e vedi
per man del tuo Cambise
la bramata vendetta.
Ciro. Odimi, oh dèi!
e Cambise tu sei?
Cambise. Sí, scellerato!
son io: sappilo e mori. (in atto di ferire)
Ciro. (getta il dardo) Ah! padre amato,
ferma; giá sono inerme; il colpo affrena:
riconoscimi prima, e poi mi svena.
Mandane. Perché ritorno in vita?
Cambise. (Il so, m’inganna;
e pur m’intenerisce.)