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atto terzo 313


Mandane.   Ed io,

sentimi, traditore; io fui che l’empio
a trovar chi l’uccida
ingannato mandai.
Mitridate.   Tu stessa!
Mandane.   Aita
vedi se può sperar: solingo è il loco,
chi l’attende è Cambise.
Mitridate.   Ah, che facesti,
sconsigliata Mandane! Ah! corri, ah! dimmi
qual luogo almeno...
Mandane.   Oh! questo no: potresti
forse giugnere in tempo. Il loco ancora
saprai, ma non sí presto.
Mitridate.   Ah, principessa,
pietá di te! Quel, che tu credi Alceo,
è il tuo Ciro, è il tuo figlio.
Mandane.   Eh! questa volta
non sperar ch’io ti creda.
Mitridate.   Il suol m’inghiotta,
un fulmine m’opprima,
se mentii, se mentisco.
Mandane.   Empia favella,
familiare a’ malvagi.
Mitridate.   Odimi. Io voglio
qui fra’ lacci restar: tu corri intanto
la tragedia a impedir. Se poi t’inganno,
torna allora a punirmi,
squarciami allora il sen.
Mandane.   Scaltra è l’offerta,
ma non ti giova: in quest’angustia, il colpo
ti basta differir. Sai ch’io non posso
d’alcun fidarmi, e ti prometti intanto
il soccorso del re.
Mitridate.   Che far degg’io.
santi numi del ciel? Povero prence!