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atto secondo | 299 |
liberator, vieni al mio sen. Di quanto
debitor ti son io, giá Mitridate
pienamente m’istrusse.
Arpago. Ancor compita
l’opra non è. Sul tramontar del sole
vedrai... Ma vien da lungi
Mandane a noi: cerca evitarla.
Ciro. Intendo:
temi ch’io parli. Eh! non temer: giurai
di non spiegarmi a lei, finché permesso
non sia da Mitridate; e fedelmente
il giuramento osserverò.
Arpago. T’esponi,
signor...
Ciro. Va’: non è nuovo
il cimento per me.
Arpago. Deh! non perdiamo
di tant’anni il sudor. Sul fin dell’opra
tremar convien. L’esser vicini al lido
molti fa naufragar. Scema la cura,
quando cresce la speme;
e ogni rischio è maggior per chi nol teme.
Cauto guerrier pugnando
giá vincitor si vede;
ma non depone il brando,
ma non si fida ancor:
ché, le nemiche prede
se spensierato aduna,
cambia talor fortuna
col vinto il vincitor. (parte)