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296 | xv - ciro riconosciuto |
SCENA IV
Arpalice e detti.
Arpalice. Gran re, perdono!
pietá!
Astiage. Di che?
Arpalice. Del piú crudel delitto
che una suddita rea...
Astiage. (con timore) Come! tu ancora...
Parla. Che fu?
Arpago. (Torna a tremar.)
Arpalice. Son io
la misera cagion che Ciro è morto:
Alceo colpa non ha. Le sue catene
sciogli pietoso, or che al tuo piè sen viene.
Astiage. Dov’è?
Arpalice. Vedilo.
SCENA V
Ciro fra le guardie, e detti.
Astiage. È quello
di Mitridate il figlio? (ad Arpago a parte)
Arpago. Appunto.
Astiage. Oh dèi,
che nobil volto! Il portamento altèro
poco s’accorda alla natia capanna.
Che dici? (ad Arpago)
Arpago. È ver; ma l’apparenza inganna.
Ciro. Dimmi, Arpalice: è quello
il nostro re? (ad Arpalice a parte)