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atto secondo 293


          Va’: se in te pietade ha nido,

     a salvarmi il figlio attendi;
     la piú tenera difendi
     cara parte del mio cor. (parte)

SCENA II

Mitridate, poi Astiage.

Mitridate. O de’ provvidi numi

infinito saper, per qual di Ciro
mirabile cammin guidi la sorte!
Lo manda Astiage a morte;
la mia pietá lo serba; e a me, perch’io
non possa esser convinto,
nasce opportuno al cambio un figlio estinto.
Si sa che Ciro è in vita;
il re lo cerca; e, affinch’ei sia deluso,
ecco, né si sa come,
usurpa un impostor di Ciro il nome.
Vien lusingato il falso erede; e il vero
nol conosce e l’uccide; e il colpo appunto
in tal tempo succede,
che il tiranno lo crede
esecuzion d’un suo comando. E pure
trovasi ancor chi, per sottrarsi a’ numi,
forma un nume del caso, e vuol che il mondo
da una mente immortal retto non sia.
Cecitá temeraria! empia follia!
Astiage. Mitridate.
Mitridate.   Signor, fosti ubbidito.
Ciro non vive piú.
Astiage.   Lo so. Ti deggio,
amico, il mio riposo. E qual poss’io
render degna mercede a’ merti tui?
Vieni, vieni al mio seno. (Odio costui.)