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258 xiv - achille in sciro


          Cosí chi a tronco antico

     florido ramo innesta,
     nella natia foresta
     lo vede rifiorir.

SCENA ULTIMA

Ulisse, poi Deidamia, e detti; indi tutti.

Achille. Ah! vieni, Ulisse. I miei felici eventi

sapesti forse?
Ulisse.   Assai diversa cura
qui mi conduce. Eccelso re, conviene
che, deposto ogni velo, alfin t’esponga
della Grecia il voler. Sappi...
Licomede.   Giá tutto
mi è noto: a parte a parte alle richieste
risponderò.
Achille. (incontrandola) Mia cara sposa, alfine
giungesti pur. Non tel diss’io? La sorte
non cambiò di sembianza?
Deidamia. (inginocchiandosi)  A’ piedi tuoi,
mio re, mio genitor...
Licomede.   Sorgi. (Deidamia si alza)
  È soverchio
ciò che dir mi vorresti. Io giá de’ fati
tutto l’ordine intendo. Una gran lite
compor bisogna; a me s’aspetta: udite.
Tutto del cor d’Achille
l’impero ad usurpar pugnano a gara
e la gloria e l’amor. Questo capace
sol di teneri affetti, e quella il vuole
tutto sdegni guerrieri. Ingiusti entrambi,
chiedon soverchio. E che sarebbe, Ulisse,
il nostro eroe, se respirasse ognora