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atto terzo 247


SCENA II

Arcade frettoloso e detti.

Ulisse.   Arcade, oh quanto

tardi a venir!
Arcade.   Partiam, signor, t’affretta;
non ci arrestiam.
Ulisse.   Che mai t’avvenne?
Arcade.   Andiamo:
tutto saprai.
Ulisse.   Ma con un cenno almeno...
Arcade. Oh numi! ebbra d’amor, cieca di sdegno,
Deidamia ci siegue. Io non potei
piú trattenerla, e la prevenni. (piano ad Ulisse)
Ulisse.   Ah! questo
fiero assalto s’eviti.
Achille. (tornando impaziente dalla riva del mare) Or che si attende?
Ulisse. Eccomi.
Achille.   Sí turbato,
Arcade? Che recasti?
Arcade. Nulla.
Ulisse.   Partiam.
Achille. (ad Arcade)  Ma che vuol dir quel tanto
volgerti indietro e rimirar? Che temi?
Parla.
Ulisse.   (Oh stelle!)
Arcade.   Signor... Temo... Potrebbe
il re saper la nostra
partenza inaspettata,
ed a forza impedirla.
Achille.   A forza? Io sono
dunque suo prigionier; dunque pretende...
Ulisse. No; ma è saggio consiglio
fuggir gl’inciampi. (vuol prenderlo per mano)