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246 | xiv - achille in sciro |
e i tesori di Frisso Achille solo.
Achille. Dunque, che piú si tarda?
Ulisse. Olá! nocchieri,
appressatevi a terra. (E pur non miro
Arcade ancora.) (guardando intorno)
Achille. Ah, perché mai le sponde
del nemico Scamandro
queste non son! Come s’emendi Achille,
lá si vedrá. Cancellerá le indegne
macchie del nome mio di questa fronte
l’onorato sudor; gli ozi di Sciro
scuserá questa spada; e forse tanto
occuperò la fama
co’ novelli trofei,
che parlar non potrá de’ falli miei.
Ulisse. Oh sensi! oh voci! oh pentimento! oh ardori
degni d’Achille! E si volea di tanto
fraudar la terra? E si sperò di Sciro
nell’angusto recinto
celar furto sí grande? Oh troppo ingiusta,
troppo timida madre! E non previde
che a celar tanto fuoco
ogni arte è vana, ogni ritegno è poco?
Del terreno — nel concavo seno
vasto incendio se bolle ristretto,
a dispetto — del carcere indegno
con piú sdegno — gran strada si fa.
Fugge allora; ma, intanto che fugge,
crolla, abbatte, sovverte, distrugge
piani, monti, foreste e cittá.
Achille. Ecco i legni alla sponda:
Ulisse, io ti precedo. (s’incammina al mare)