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234 xiv - achille in sciro


forza non basta a raffrenarlo: andrebbe

nudo in mezzo agl’incendi, andrebbe solo
ad affrontar mille nemici e mille.
Pensi a Deidamia, è mansueto Achille.
          Cosí leon feroce,
     che sdegna i lacci e freme,
     al cenno d’una voce
     perde l’usato ardir,
          ed a tal segno obblia
     la feritá natia,
     che quella man che teme
     va placido a lambir. (parte)

SCENA VII

Gran sala illuminata in tempo di notte, corrispondente a diversi appartamenti, parimente illuminati. Tavola nel mezzo; credenze all’intorno; logge nell’alto, ripiene di musici e spettatori.

Licomede, Teagene, Ulisse e Deidamia, seduti a mensa; Arcade in piedi, accanto ad Ulisse; Achille in piedi, accanto a Deidamia; e per tutto cavalieri, damigelle e paggi.

Coro.   Lungi lungi fuggite fuggite,

     cure ingrate, molesti pensieri;
     no, non lice — del giorno felice
     che un istante si venga a turbar.
          Dolci affetti, diletti sinceri
     porga Amore, ministri la Pace,
     e da’ moti di gioia verace
     lieta ogni alma si senta agitar.
          Lungi lungi fuggite fuggite,
     cure ingrate, molesti pensieri;
     no, non lice — del giorno felice
     che un istante si venga a turbar.