quei che a pugnar per te vengono a gara.
V’è Olinto di Megara,
v’è Clearco di Sparta, Ati di Tebe,
Erilo di Corinto, e fin di Creta
Licida venne.
Argene. Chi?
Clistene. Licida, il figlio
del re cretense.
Aristea. Ei pur mi brama?
Clistene. Ei viene
con gli altri a prova.
Argene. (Ah! si scordò d’Argene.)
Clistene. Sieguimi, figlia.
Aristea. Ah! questa pugna, o padre,
si differisca.
Clistene. Un impossibil chiedi:
dissi perché. Ma la cagion non trovo
di tal richiesta.
Aristea. A divenir soggette
sempre v’è tempo. È d’Imeneo per noi
pesante il giogo, e giá senz’esso abbiamo
che soffrire abbastanza
nella nostra servil sorte infelice.
Clistene. Dice ognuna cosí, ma il ver non dice.
Del destin non vi lagnate,
se vi rese a noi soggette:
siete serve, ma regnate
nella vostra servitú.
Forti noi, voi belle siete,
e vincete in ogn’impresa,
quando vengono a contesa
la bellezza e la virtú. (parte)
Metastasio, Opere -III. |
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