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222 | xiv - achille in sciro |
illustre Teagene,
la sposa tua.
Achille. (Qui tollerar conviene).
Teagene. Chi ascolta, o principessa,
ciò che de’ pregi tuoi la fama dice,
la crede adulatrice; e chi ti mira,
la ritrova maligna. Io, che giá sono
tuo prigionier, t’offro quest’alma in dono.
Achille. (Che temerario!) (considerando sdegnosamente Teagene, s’avanza senza avvedersene)
Deidamia. A cosí alto segno
non giunge il merto mio: tanto esaltarlo
non déi... Pirra! che vuoi? Parti. (avvedendosi che Achille è giá vicino a Teagene)
Achille. Non parlo.
(si ritira in disparte, come sopra)
Deidamia. (Dèi! qual timor m’assale?)
Teagene. Chi è mai questa donzella?
Licomede. È il tuo rivale.
Deidamia. (Son morta!)
Achille. (Ah, mi conosce!)
Licomede. È Pirra il solo
amor di Deidamia. Altre non vide
piú tenere compagne il mondo intero.
Deidamia. (Ei parlava da scherzo, e disse il vero.)
Licomede. Deidamia, or che ti sembra
di sí degno consorte?
Deidamia. I pregi, o padre,
ne ammiro, ne comprendo;
ma...
Licomede. Tu arrossisci! Il tuo rossore intendo.
Intendo il tuo rossor;
— Amo — vorresti dir:
ma in faccia al genitor
parlar non vuoi.