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atto primo 211


Achille. (tornando indietro) Nearco, osserva

come splende fra l’armi
quel guerrier maestoso.
Nearco.   Ah! va’: non lice
a te, che una donzella
comparisci alle spoglie, in questo loco
scompagnata restar.
Achille. (con isdegno)  Ma non ti crede
ognuno il padre mio? Qual meraviglia
che appresso al genitor resti una figlia?
Nearco. Si sdegnerá Deidamia.
Achille.   È ver.
  (rimesso, parte, e poi si ferma)
Nearco.   (Che pena
è il nascondere Achille!)
Achille. (considerando il guerriero che è nulla nave) Oh! se ancor io
quell’elmo luminoso
in fronte avessi e quella spada al fianco...
  (torna risoluto)
Nearco, io son giá stanco
di più vedermi in questa gonna imbelle;
e ormai...
Nearco.   Che dici? Oh stelle! E non rammenti
quanto giova al tuo amor?
Achille.   Sí... Ma...
Nearco.   Deh! parti.
Achille. Lasciami un sol momento
a vagheggiar quell’armi.
Nearco.   (Aimè!) Sí, resta
pur quanto vuoi; ma Deidamia intanto
sará col tuo rival.
Achille. (in atto feroce)  Che?
Nearco.   Giunto or ora
è di Calcide il prence; e Licomede
vuol che la man di sposo
oggi porga alla figlia.