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atto terzo 195


che ingiusta t’adorò? che in faccia a morte

sí gran fede ti serba? E tu fra tanto,
non ignota a te stessa, andrai tranquilla
al talamo d’Augusto? Ah! mi vedrei
sempre Sesto d’intorno; e l’aure e i sassi
temerei che loquaci
mi scoprissero a Tito. A’ piedi suoi
vadasi il tutto a palesar. Si scemi
il delitto di Sesto,
se scusar non si può. Speranze, addio,
d’impero e d’imenei! nutrirvi adesso
stupiditá saria. Ma, pur che sempre
questa smania crudel non mi tormenti,
si gettin pur l’altre speranze a’ venti.
          Getta il nocchier talora
     pur que’ tesori all’onde,
     che da remote sponde
     per tanto mar portò;
          e, giunto al lido amico,
     gli dèi ringrazia ancora,
     che ritornò mendico,
     ma salvo ritornò. (parte)

SCENA XII

Luogo magnifico, che introduce a vasto anfiteatro, di cui per diversi archi scopresi la parte interna. Si vedranno giá nell’arena i complici della congiura, condannati alle fiere.

Nel tempo che si canta il coro, esce Tito, preceduto da’ littori, circondato da’ senatori e patrizi romani, e seguito da’ pretoriani; indi Annio e Servilia da diverse parti.

Coro.   Che del ciel, che degli dèi

          tu il pensier, l’amor tu sei,
          grand’eroe, nel giro angusto
          si mostrò di questo dí.