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atto secondo | 177 |
Servilia. Non odo gli accenti
d’un labbro spergiuro;
gli affetti non curo
d’un perfido cor.
Ricuso, detesto
il nodo funesto,
le nozze, lo sposo,
l’amante e l’amor. (parte)
SCENA XIII
Sesto, Vitellia ed Annio.
Annio. (E Sesto non favella?)
Sesto. (Io moro.)
Vitellia. (Io tremo.)
Annio. Ma, Sesto, al punto estremo
ridotto io sono, e non ascolto ancora
chi s’impieghi per me. Tu non ignori
quel che mi dice ognun, quel ch’io non dico.
Questo è troppo soffrir. Pensaci, amico.
Ch’io parto reo, lo vedi;
ch’io son fedel, lo sai:
di te non mi scordai;
non ti scordar di me.
Soffro le mie catene;
ma questa macchia in fronte,
ma l’odio del mio bene
soffribile non è. (parte fra le guardie)