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176 xiii - la clemenza di tito


Vitellia.   Sí, la sua colpa è grande

ma la bontá di Tito
sará maggior. Per lui, signor, perdono
Sesto domanda e lo domando anch’io.
(Morta mi vuoi?) (piano a Sesto)
Sesto. (s’alza)  (Che atroce caso è il mio!)
Tito. Annio si scusi almeno.
Annio. Dirò... (Che posso dir?)
Tito.   Sesto, io mi sento
gelar per lui. La mia presenza istessa
piú confonder lo fa. Custodi, a voi
Annio consegno. Esamini il senato
il disegno, l’errore
di questo... Ancor non voglio
chiamarti traditor. Rifletti, ingrato!
da quel tuo cor perverso
del tuo principe il cor quanto è diverso.
          Tu, infedel, non hai difese;
     è palese — il tradimento:
     io pavento — d’oltraggiarti
     nel chiamarti — traditor.
          Tu, crudel, tradir mi vuoi
     d’amistá col finto velo;
     io mi celo — agli occhi tuoi
     per pietá del tuo rossor. (parte)

SCENA XII

Vitellia, Servilia, Sesto ed Annio.

Annio. E pur, dolce mia sposa... (a Servilia)

Servilia.   A me t’invola:
tua sposa io piú non son. (in atto di partire)
Annio.   Férmati e senti.