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atto secondo 173


Sesto.   (Morir mi sento:

non posso piú. Parmi tradirlo ancora
col mio tacer. Si disinganni appieno.)

SCENA X

Sesto, Vitellia, Tito e Servilia.

Vitellia. (Ah! Sesto è qui. Non mi scoprisse almeno.)

Sesto. Sí, sí voglio al suo piè... (vuol andare a Tito)
Vitellia. (s’inoltra e l’interrompe)  Cesare invitto,
preser gli dèi cura di te.
Sesto.   (Mancava
Vitellia ancor.)
Vitellia.   Pensando
al passato tuo rischio, ancor pavento.
(Per pietá, non parlar!) (piano a Sesto)
Sesto.   (Questo è tormento!)
Tito. Il perder, principessa,
e la vita e l’impero
affliggermi non può. Giá miei non sono
che per usarne a benefizio altrui.
So che tutto è di tutti, e che né pure
di nascer meritò chi d’esser nato
crede solo per sé. Ma, quando a Roma
giovi ch’io versi il sangue,
perché insidiarmi? Ho ricusato mai
di versarlo per lei? Non sa l’ingrata
che son romano anch’io, che Tito io sono?
Perché rapir quel che offerisco in dono?
Servilia. Oh vero eroe!