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atto primo 157


ti parea dunque poco

Berenice antepormi? Io dunque sono
l’ultima de’ viventi? Ogni altra è degna
di te, fuor che Vitellia? Ah, trema, ingrato!
trema d’avermi offesa! Oggi il tuo sangue...
Sesto. Mia vita.
Vitellia.   E ben, che rechi? Il Campidoglio
è acceso? è incenerito?
Lentulo dove sta? Tito è punito?
Sesto. Nulla intrapresi ancor.
Vitellia.   Nulla! E sí franco
mi torni innanzi? e con qual merto ardisci
di chiamarmi tua vita?
Sesto.   È tuo comando
il sospendere il colpo.
Vitellia.   E non udisti
i miei novelli oltraggi? Un altro cenno
aspetti ancor? Ma ch’io ti creda amante,
dimmi, come pretendi,
se cosí poco i miei pensieri intendi?
Sesto. Se una ragion potesse
almen giustificarmi...
Vitellia.   Una ragione!
Mille ne avrai, qualunque sia l’affetto,
da cui prenda il tuo cor regola e moto.
È la gloria il tuo voto? Io ti propongo
la patria a liberar. Frangi i suoi ceppi;
la tua memoria onora;
abbia il suo Bruto il secol nostro ancora.
Ti senti d’un’illustre
ambizion capace? Eccoti aperta
una strada all’impero. I miei congiunti,
gli amici miei, le mie ragioni al soglio
tutte impegno per te. Può la mia mano
renderti fortunato? Eccola! corri,
mi vendica, e son tua. Ritorna asperso