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atto primo 155


il solito sentiero

farebbe a mio dispetto il mio pensiero.
So che oppormi è delitto
d’un Cesare al voler; ma tutto almeno
sia noto al mio sovrano:
poi se mi vuol sua sposa, ecco la mano.
Tito. Grazie, o numi del ciel! Pure una volta
senza larve sul viso
mirai la veritá. Pur si ritrova
chi s’avventuri a dispiacer col vero.
Servilia, oh qual contento
oggi provar mi fai! quanta mi porgi
ragion di meraviglia! Annio pospone
alla grandezza tua la propria pace!
Tu ricusi un impero
per essergli fedele! Ed io dovrei
turbar fiamme sí belle? Ah! non produce
sentimenti sí rei di Tito il core.
Figlia, ché padre invece
di consorte m’avrai, sgombra dall’alma
ogni timore. Annio è tuo sposo. Io voglio
stringer nodo sí degno. Il ciel cospiri
meco a farlo felice; e n’abbia poi
cittadini la patria eguali a voi.
Servilia. O Tito! o Augusto! o vera
delizia de’ mortali! io non saprei
come il grato mio cor...
Tito.   Se grata appieno
esser mi vuoi, Servilia, agli altri inspira
il tuo candor. Di pubblicar procura
che grato a me si rende,
piú del falso che piace, il ver che offende.
          Ah! se fosse intorno al trono
     ogni cor cosí sincero,
     non tormento un vasto impero,
     ma saria felicitá.