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atto primo 151


Servilia. Mio ben...

Annio.   Taci, Servilia. Ora è delitto
il chiamarmi cosí.
Servilia.   Perché?
Annio.   Ti scelse
Cesare (che martír!) per sua consorte.
A te (morir mi sento!), a te m’impose
di recarne l’avviso (oh pena!), ed io...
io fui... (parlar non posso)... Augusta, addio!
Servilia. Come! Férmati! Io sposa
di Cesare! E perché?
Annio.   Perché non trova
beltá, virtú che sia
piú degna d’un impero, anima... Oh stelle!
che dirò? Lascia, Augusta,
deh! lasciami partir.
Servilia.   Cosí confusa
abbandonar mi vuoi? Spiègati, dimmi:
come fu? per qual via?...
Annio. Mi perdo s’io non parto, anima mia.
          Ah! perdona al primo affetto
     questo accento sconsigliato:
     colpa fu del labbro, usato
     a chiamarti ognor cosí.
          Mi fidai del mio rispetto,
     che vegliava in guardia al core;
     ma il rispetto dall’amore
     fu sedotto e mi tradí. (parte)