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atto terzo | 129 |
e il nostro stato è tale,
che, se mutar si deve,
sempre sará miglior. (parte)
SCENA IX
Luogo magnifico nella reggia, festivamente adornato
per le nozze di Creusa.
Timante e Cherinto.
liete pompe festive
son pene a un disperato.
Cherinto. Io non conosco
piú il mio german. Che debolezza è questa
troppo indegna di te? Senza saperlo,
errasti alfin. Sei sventurato, è vero,
ma non sei reo. Qualunque male è lieve,
dove colpa non è.
Timante. Dall’opre il mondo
regola i suoi giudizi; e la ragione,
quando l’opra condanna, indarno assolve.
Son reo pur troppo; e, se finor nol fui,
lo divengo vivendo. Io non mi posso
dimenticar Dircea. Sento che l’amo;
so che non deggio. In cosí brevi istanti
come franger quel nodo,
che un vero amor, che un imeneo, che un figlio
strinser cosí? che le sventure istesse
resero piú tenace? e tanta fede?
e sí dolci memorie?
e sí lungo costume? Oh Dio! Cherinto,
lasciami per pietá! Lascia ch’io mora,
finché sono innocente.