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124 xii - demofoonte


Fuggi, fuggi, Timante! agli occhi altrui

non esporti mai piú. Ciascuno a dito
ti mostrerá. Del genitor cadente
tu sarai la vergogna; e quanto, oh Dio,
si parlerá di te! Tracia infelice,
ecco l’Edipo tuo. D’Argo e di Tebe
le Furie in me tu rinnovar vedrai.
Ah, non t’avessi mai
conosciuta, Dircea! Moti del sangue
eran quei ch’io credevo
violenze d’amor. Che infausto giorno
fu quel che pria ti vidi! I nostri affetti
che orribili memorie
saran per noi! Che mostruoso oggetto
a me stesso io divengo! Odio la luce;
ogni aura mi spaventa; al piè tremante
parmi che manchi il suol; strider mi sento
cento folgori intorno; e leggo, oh Dio!
scolpito in ogni sasso il fallo mio.

SCENA V

Creusa, Demofoonte, Adrasto con Olinto per mano,
e Dircea, l’un dopo l’altro, da parti opposte, e detto.

Creusa. Timante!

Timante.   Ah! principessa; ah! perché mai
morir non mi lasciasti?
Demofoonte.   Amato figlio!
Timante. Ah! no, con questo nome
non chiamarmi mai piú.
Creusa.   Forse non sai...
Timante. Troppo, troppo ho saputo!
Demofoonte.   Un caro amplesso,