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108 xii - demofoonte


Timante è disperato: i suoi furori

tu corri a regolar; grazia per lei
ad implorare io vado.
Cherinto.   Oh degna cura
d’un’anima reale! E chi potrebbe
non amarti, o Creusa? Ah! se non fossi
sí tiranna con me...
Creusa.   Ma donde il sai
ch’io son tiranna? È questo cor diverso
da quel che tu credesti.
Anch’io... Ma va’. Troppo saper vorresti.
Cherinto.   No, non chiedo, amate stelle,
     se nemiche ancor mi siete:
     non è poco, o luci belle,
     ch’io ne possa dubitar.
          Chi non ebbe ore mai liete,
     chi agli affanni ha l’alma avvezza,
     crede acquisto una dubbiezza,
     ch’è principio allo sperar. (parte)

SCENA VIII

Creusa sola.

Se immaginar potessi,

Cherinto, idolo mio, quanto mi costa
questo finto rigor, che sí t’affanna,
ah! forse allor non ti parrei tiranna.
È ver che di Timante
ancor sposa non son: facile è il cambio:
può dipender da me. Ma, destinata
al regio erede, ho da servir vassalla
dove venni a regnar? No, non consente
che sí debole io sia
il fasto, la virtú, la gloria mia.