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atto secondo 103


Timante. Sí, partirò; ma poi (turbato)

non ti lagnar...
Demofoonte.   Che? temerario! (oh dèi!)
minacci!
Timante.   Io non distinguo
se priego o se minaccio. A poco a poco
la ragion m’abbandona. A un passo estremo
non costringermi, o padre. Io mi protesto:
farei... chi sa...
Demofoonte.   Di’: che faresti, ingrato?
Timante. Tutto quel che farebbe un disperato.
          Prudente mi chiedi?
     mi brami innocente?
     lo senti, lo vedi,
     dipende da te.
          Di lei, per cui peno,
     se penso al periglio,
     tal smania ho nel seno,
     tal benda ho sul ciglio,
     che l’alma di freno
     capace non è. (parte)

SCENA III

Demofoonte solo.

Dunque m’insulta ognun? L’ardita nuora,

il suddito superbo, il figlio audace,
tutti scuotono il freno? Ah! non è tempo
di soffrir piú. Custodi, olá! Dircea
si tragga al sagrifizio
senz’altro indugio. Ella è cagion de’ falli
del padre suo, del figlio mio. Né, quando
fosse innocente ancora,
viver dovrebbe. È necessario al regno