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102 xii - demofoonte


del padre tuo, se per tua colpa astretto

le promesse a tradir... Ma tanto ingrato
so che non sei. Vieni alla sposa. Al tempio
conduciamola adesso; adesso in faccia
agl’invocati dèi
adempí, o figlio, i tuoi doveri e i miei.
Timante. Signor... non posso.
Demofoonte.   Io fin ad ora, o prence,
da padre ti parlai: non obbligarmi
a parlarti da re.
Timante.   Del re, del padre
venerabili i cenni
egualmente mi son; ma, tu lo sai,
Amor forza non soffre.
Demofoonte.   Amor governa
le nozze de’ privati. Hanno i tuoi pari
nume maggior che li congiunge; e questo
sempre è il pubblico ben.
Timante.   Se il bene altrui
tal prezzo ha da costar...
Demofoonte.   Prence, son stanco
di garrir teco. Altra ragion non rendo.
Io cosí voglio.
Timante.   Ed io non posso.
Demofoonte.   Audace!
Non sai...
Timante.   Lo so: vorrai punirmi.
Demofoonte.   E voglio
che in Dircea s’incominci il tuo castigo.
Timante. Ah, no!
Demofoonte.   Parti.
Timante.   Ma senti.
Demofoonte.   Intesi assai.
Dircea voglio che mora.
Timante. E morendo Dircea...
Demofoonte.   Né parti ancora?