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atto secondo 97


che pungente parlar! Partir da noi!

E lo sposo? e le nozze?
Creusa.   Eh! per Timante
Creusa è poco. Una beltá mortale
non lo speri ottener. Per lui... Ma questa
la mia cura non è. Partir vogl’io:
posso, o signor?
Demofoonte.   Tu sei
l’arbitra di te stessa. In Tracia a forza
ritenerti io non vuo’. Ma non sperai
tale ingiuria da te.
Creusa.   Non so di noi
chi ha ragion di lagnarsi: e il prence... Alfine
bramo partir.
Demofoonte.   Ma lo vedesti?
Creusa.   Il vidi.
Demofoonte.   Ti parlò?
Creusa.   Cosí meco
parlato non avesse!
Demofoonte.   E che ti disse?
Creusa. Signor, basta cosí.
Demofoonte.   Creusa, intendo.
Ruvido troppo, alle parole, agli atti,
ti parve il prence. Ei freddamente forse
t’accolse, ti parlò. Scuso il tuo sdegno:
a te, che sei di Frigia
a’ molli avvezza e teneri costumi,
aspra rassembra e dura
l’aria d’un trace. E, se Timante è tale,
meraviglia non è: nacque fra l’armi,
fra l’armi s’educò. Teneri affetti
per lui son nomi ignoti. A te si serba
la gloria d’erudirlo
ne’ misteri d’Amor. Poco, o Creusa,
ti costerá. Che non insegna un volto
sí pien di grazie, e due vivaci lumi,