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Sibari. Al tuo cenno
su l’Eufrate non hai
navi, seguaci ed armi?
Ircano. E ben, che giova?
Sibari. Vieni, ché poi sereno
alla tua bella in seno
ti troverá l’aurora,
quando riporta il dí.
Farai d’invidia allora
impallidir gli amanti,
e senza affanni e pianti
tu goderai cosí. (parte)
SCENA VIII
se m’arride il destino,
Tamiri. Prence, che rechi? È vinto (a Mirteo)
Scitalce ancor?
Mirteo. Si vincerá, se basta
esporre a tua difesa il sangue mio.
Tamiri. Il tuo pronto desio
avrá premio da me.
Ircano. Degno d’affetto
veramente è Mirteo; rozzo in amore
non è, come son io: ne sa gli arcani.
È sprezzato e nol cura;
è offeso e non s’adira:
con legge e con misura
or piange ed or sospira;
e pure alla sua fede
un’ombra di speranza è gran mercede.
Mirteo. Nol niego.