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60 vi - semiramide
son debitor. Meglio pensando, almeno

me dal rossor di poco saggio assolvi;
esamina, rifletti, e poi risolvi.
Tamiri. Abbastanza pensai, ecc.


SCENA V

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Ircano. Non curar di quel folle

il silenzio, i pensieri.
Godi di tua ventura

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Tamiri. Ma tu conosci amor? Dicesti, Ircano,

che tutto il tuo piacere, ecc.


SCENA VI

Ircano. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

e per consiglio mio torna in Egitto.
Mirteo. Sei degno di pietá, se non distingui
dall’ossequio il disprezzo. In quegli accenti
ti rinfaccia Tamiri
che de’ meriti tuoi troppo presumi.
Ircano. Io de’ vostri costumi intendo meno
quanto gli ascolto piú. Qui le parole
dunque han sensi diversi? A voglia altrui
qui si parla e si tace? Al regio cenno
deve un’alma adattar gli affetti suoi?
Chi mai mi trasse a delirar con voi?
Mirteo. In questa guisa, Ircano,
in Assiria si vive. Amando ancora,
imitar ti conviene il nostro stile;
con lingua piú gentile alle reine
si ragiona d’amor. Non son giá queste
l’erranti abitatrici
dell’ircane foreste.
Ircano.   E quale è mai
questo vostro d’amar nuovo costume?