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atto terzo 43
Sibari.   Il tuo maggior nemico

non ti è noto però.
Mirteo.   Lo so: Scitalce
funesto è all’amor mio.
Sibari.   Solo all’amore?
Ah! Mirteo, nol conosci.
Mirteo.   Io nol conosco?
Sibari. No. (S’irriti costui.)
Mirteo.   Chi dunque è mai?
Spiégati, non tacer.
Sibari.   Scitalce è quello,
che col nome d’Idreno
ti rapí la germana.
Mirteo.   Oh dèi, che dici!
Donde, Sibari, il sai?
Sibari.   Molto in Egitto
ei mi fu noto. Io del real tuo padre
era i custodi a regolare eletto,
quando tu pargoletto
crescevi in Battra a Zoroastro appresso.
Mirteo. Potresti errar.
Sibari.   Non dubitarne: è desso.
Mirteo. Ah! non a caso il cielo,
il reo mi guida innanzi. Il suo castigo
è mio dover. (in atto di partire)
Sibari.   Dove t’affretti? Ascolta! (trattenendolo)
Regola almen lo sdegno.
Mirteo. Non soffre l’ira mia freno o ritegno.
          In braccio a mille furie
     sento che l’alma freme:
     tutte le sento insieme,
     tutte d’intorno al cor.
          Delle passate ingiurie
     quella l’idea mi desta;
     l’odio fomenta questa
     del contrastato amor. (parte)