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358 | x - issipile |
vivi e regna per me. Se a voi s’accresce
la vita che m’avanza,
abbastanza regnai, vissi abbastanza.
Rodope. Oh forte!
Giasone. Oh generoso!
Issipile. E non ti muove
tanta virtú, Learco?
Learco. Anzi m’irríta.
Issipile. Dunque?
Learco. Vieni, o l’uccido.
Issipile. Ah! questo pianto
ti faccia impietosir. Del mio rifiuto
ti vendicasti assai. Basta, Learco,
basta cosí. Non sei contento ancora?
Vuoi vedermi al tuo piede
miserabile oggetto in questo lido?
Eccomi a’ piedi tuoi. (s’inginocchia)
Learco. Vieni, o l’uccido.
Issipile. Sí, verrò, traditor! verrò; ma quanto
d’orribile ha l’inferno (s’alza furiosa)
meco verrá. Delle abborrite nozze
fia pronuba Megera, auspice Aletto.
Io delle Furie tutte,
io sarò la peggior. Verrò; ma solo
per strapparti dal seno,
mostro di crudeltá, quel core infido.
Scellerato! verrò.
Learco. Vieni, o l’uccido.
(con isdegno, in atto di ferire)
Issipile. Eccomi, non ferir. (a Learco)
Numi, pietá non v’è?
Ricòrdati di me. (a Giasone)
Morir mi sento.
Ha ben di sasso il core
chi, senza lagrimar,