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348 x - issipile


Learco. (Quanto tarda a venir la schiera amica!)

  (impaziente verso la scena)
Toante. Da’ tuoi disastri impara
a rispettar, Learco,
in avvenir la maestá del trono.
Riconsòlati e vivi. Io ti perdono. (in atto di partire)
Learco. Ah! signor, tu mi lasci
dubbioso ancor, se un piú sicuro pegno
non ho di tua pietá.
Toante.   Dopo il perdono
che di piú posso darti?
Learco. La tua destra real.
Toante.   Prendila, e parti.
Learco. O de’ numi clementi
(va allungando queste parole, per dar tempo che giungano i compagni)
pietoso imitator, questo momento
di tutti mi ristora
gli affanni che passai. (Né giunge ancora!)
E dubbioso e tremante
eccomi alle tue piante... E in umil atto...
(mentre vuole inginocchiarsi e prender la mano al re, escono i corsari armati, che circondano Toante)
Toante. Qual gente ne circonda?
Learco.   Il colpo è fatto!
(lascia la mano di Toante, sorge, ed abbandona l’affettata umiltá, da lui finta sinora)
Cedimi quella spada. (a Toante)
Toante.   A chi ragioni?
Learco. Parlo con te.
Toante.   Meco favelli? Oh dèi!
Come...
Learco.   Non piú: mio prigionier tu sei.
Toante. Qual nera frode!
Learco.   Alfine
cadesti ne’ miei lacci. Arbitro io sono