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ATTO SECONDO

SCENA I

Di nuovo parte del giardino reale, con fontane rustiche da’ lati e boschetto sacro a Diana nel mezzo. Notte.

Eurinome e Learco in disparte.

Eurinome. Ah! che per tutto io veggo

qualche oggetto funesto,
che rinfaccia a quest’alma i suoi furori.
Voi, solitari orrori,
da’ seguaci rimorsi
difendete il mio cor. Ditemi voi
che per me piú non erra invendicata
l’ombra del figlio mio; che piú di Lete
non sospira il tragitto,
e che val la sua pace il mio delitto.
Learco. (Ecco Issipile. Ardire!) (esce dal bosco)
Eurinome.   Alcun s’appressa.
Numi! chi giunge mai?
Learco. Cara! (prende per la mano Eurinome, credendola Issipile)
Eurinome.   Chi sei? Qual voce!
  (scostandosi da Learco, spaventata)
Learco.   (Ah! m’ingannai. )
 (torna nel bosco)
Eurinome. Misera me! Qual gelo
per le vene mi scorre! È di Learco
quella voce che intesi. Ah! dove sei?
Non celarti al mio sguardo.